Che gran Don Giovanni questo Don Giovanni!

Tra le mille reincarnazioni di un mito inesauribile, la regia di Cristina Pezzoli sceglie di calare l’empio e spavaldo sciupafemmine in una scoppiettante, divertente, trasgressiva e sulfurea atmosfera da Circo Nero, tra fiamme e ombre, corde e corpetti, ziganerie e ambiguità d’ogni genere che riflettono all’infinito gli equivoci e i sotterfugi sui cui è incardinato il testo. Emblematica in tal senso la progressivamente accresciuta ambiguità del protagonista, che va di pari passo con la progressiva concretizzazione della sua blasfemia: curva che tocca il culmine iperbolico proprio nell’ultima scena, quando un Don Giovanni ormai completamente transessualizzato, al culmine della tracotanza, urina sulla croce, ignaro della punizione estrema che lo attende proprio ad opera della stessa croce di lì a pochi istanti.

Mille le suggestioni e i livelli implicati nelle scelte di messa in scena, sui cui meriterebbe fermarsi per un lungo approfondimento, per il modo in cui ogni idea contribuisce a far risaltare la natura caleidoscopica dell’opera: dal farsesco al tragico, dal sensuale al macabro, dall’ambiguo al moraleggiante, ecc. Tra tutti, decisamente indovinati gli inserti coreografici del Nuovo Balletto di Toscana, che danno corpo e movimento a fantasmi e sottotesti, sdoppiando e moltiplicando inquietudini e drammaticità ma anche erotismo e umorismo, tensione e bellezza, di fatto incarnando perfettamente tutti i colori della magnifica immaginazione mozartiana, a partire dall’ouverture, suonata a sipario aperto sulla coreografia dell’incontro sensuale tra Donna Anna e Don Giovanni, celato sotto le ingannevoli spoglie del fidanzato.

Complessivamente più che apprezzabile l’attitudine (e il risultato) con cui tutto il cast si cala in questa giostra. Funziona magnificamente la coppia servo&padrone, con un Daniele Antonangeli infaticabile mattatore (Don Giovanni assolutamente all’altezza, sia in voce sia in figura, di quel surplus di invenzione e verità che la regista chiede in scena ai cantanti come agli attori dei suoi lavori in prosa) e uno straripante Nicola Ziccardi. Una prestazione scenica la loro davvero sorprendente e trascinante, capace di rubare applausi (e, non guasta, risate) a scena aperta anche nella vivacizzazione dei recitativi.

Menzione di merito anche per una applauditissima Sonia Ciani (Donna Anna) e per la prestazione attoriale di Raffaella Milanesi, una Donna Elvira che si muove, scompare e riappare ogni nuova volta a un gradino più profondo del suo essere in balìa, posseduta, sbranata si direbbe, dalla passione; meno sicura e convincente però nel canto, forse alla ricerca di qualche virtuosismo sopra le righe. Qualche riserva, opposta, va espressa per Federica Livi, una Zurlina da cui ci si attenderebbe un po’ più di corpo, sia scenico sia vocale, per non apparire fin troppo evanescente nella ridda di tentazioni, imbrogli e  gelosie poco affatto astratte di cui è il fulcro.

Visto alla recita promozionale che precede la prima, con tutte le incompiutezze del caso, l’impianto di questo Don Giovanni convince pienamente, e dà l’idea di poter crescere con la progressiva registrazione e ottimizzazione dei suoi meccanismi, a partire da costumi e luci, non valutabili nell’anteprima. Vien da augurargli una lunga vita, tanta è già la voglia di rivederlo presto, compiuto e messo a punto. Applausi. Martino Baldi